Il Piemonte a Chicago? Ecco dove, e cosa si mangia di buono.

plin-torino-piemonteGuardate la foto qui a fianco. Buoni vero? Un bel piatto di plin come Dio comanda, di quelli che sembran preparati dalla nonna. E invece no.
Sono stati cucinati a Chicago, dove – tra una miriade di ristoranti italiani che hanno esportato gloriose pizze e fumanti spaghetti al pomodoro – c’è il ristorante Osteria Langhe, che si propone di portare un po’ di Piemonte food&wine nientepopodimeno che negli USA.
Io li ho scoperti su Instagram. Voi state per farlo qui sul blog, nell’intervista più internazionale e interessante che ho condotto finora. Perché è curioso, una volta tanto, vederci attraverso occhi che abitano al di là di un oceano.
Enjoy!

Hi Aldo (Zaninotto ndr), what is the story of your restaurant? But most af all: why Piedmont? Why Piedmontese food?
I discovered Piemonte through the wines and the winemakers themselves, ever getting me excited about the region, the history, the culture, the food and wines. About 17 years ago I made a switch in career from the restaurant business where I grew, working in some of the best restaurants in Europe, NYC, Los Angeles and Chicago. When I made that change to become a wine sales representative, I understood the importance of identifying the perfect wines for the perfect food pairing, building a great reputation through the Chicago dining scene at an early stage, it was the beginning of a new culture to Chicago. Fortunately for me, the company (wine distributor) I was working for had some of the best wines from Piemonte to offer, wineries such as Vietti, Michele Chiarlo, Roberto Voerzio, Bruno Giacosa, Ceretto, Prunotto, Coppo, La Spinetta, Chiara Boschis, Paolo Scavino, Cigliuti to name just a few of them. I was fascinated, so months later I decided to venture to visit the Piemonte region.The food and its tradition were amazing! I had to share this with my customers back in Chicago (chefs and Sommelier, who either knew nothing or just a bit of that region).
After traveling through the whole country, I saw the excitement and interest from people who knew little, in my head I understood that if done well and focused, I could bring that culture in one place only if I had the right ingredient. In 2013, Giorgio Rivetti and I were both convinced that if the place was authentic, we would be able to convince our customers, so we did. We are strictly focusing with only the wines from Piemonte (no Prosecco, no Franciacorta or Sangiovese) and we try to showcase theideology the way it is done in the Langhe: working with the season through classics, working with smaller and local farmers. We are part of the Slow Food movement.

Ciao Aldo (Zaninotto ndr), qual è la storia del vostro ristorante? Ma soprattutto: perché Piemonte? Perché il cibo piemontese?
Ho scoperto il Piemonte attraverso i vini e i viticoltori stessi, amo questa regione, la storia, la cultura, il cibo e i vini. Circa 17 anni fa ho fatto un passo fondamentale nella ristorazione, mondo nel quale sono cresciuto, lavorando in alcuni dei migliori ristoranti in Europa, New York, Los Angeles e Chicago. Poi sono diventato un rappresentante di vendita di vino, ho capito l’importanza di identificare i vini perfetti per il perfetto abbinamento con il cibo, è stato l’inizio di una nuova cultura per Chicago. Fortunatamente per me, la società (distributore di vino) per cui stavo lavorando offriva alcuni dei migliori vini piemontesi, provenienti da cantine come Vietti, Michele Chiarlo, Roberto Voerzio, Bruno Giacosa, Ceretto, Prunotto, Coppo, La Spinetta, Chiara Boschis, Paolo Scavino, Cigliuti – per citarne solo alcuni. Ero affascinato, quindi mesi dopo ho deciso di avventurarmi a visitare il Piemonte da vicino. La sua tradizione si è rivelata incredibile! Dovevo assolutamente condividere questo con i miei clienti tornato a Chicago (chef e sommelier conoscevano poco o niente di questa regione).
Dopo aver viaggiato attraverso tutto il Paese, ho visto l’entusiasmo e l’interesse da parte di persone che conoscevano poco questa parte d’Italia, e nella mia testa ho capito che se fatto bene e con dedizione, avrei potuto portare quella cultura se solo avessi avuto l’ingrediente giusto. Nel 2013, Giorgio Rivetti ed io eravamo entrambi convinti che se il posto fosse stato autentico, saremmo stati in grado di convincere i nostri clienti, e così è stato. Stiamo rigorosamente scegliendo solo i vini piemontesi (niente Prosecco, no Franciacorta o Sangiovese) e cerchiamo di mostrare il cibo per come è ancora oggi inteso nelle Langhe: lavorare con i prodotti di stagione, proporre i classici, collaborare con gli agricoltori più piccoli e locali. Siamo ovviamente parte del movimento Slow Food.

osteria-langhe-chicagoEcco, pensare ad un ristoratore che propone cocktails a base di Vermouth o a qualcuno che in questo momento magari sta scoprendo il Punt e Mes è… fantastico!

Do american people like traditional piedmontese dishes? Are they interested in the ingredients and the stories behind the recipes?

Most of the people know truffles, but I like to think that without Osteria Langhe in Chicago they would not know what Tajarin or Plin or Finanziera are. People today are really excited about the simplicity of Piemonte food, working and respecting the seasons.

Come reagiscono gli americani ai piatti tradizionali piemontesi? Sono interessati gli ingredienti e le storie dietro le ricette?

I più rinomati nell’immaginario comune sono i tartufi, ma mi piace pensare che senza Osteria Langhe a Chicago non saprebbero cosa siano tajarin o plin o la finanziera. Il nostro menu è una grande vetrina per il Piemonte e le persone oggi sono davvero entusiaste della semplicità del Piemonte, fatta di lavoro, buon cibo e rispetto delle stagioni.

What are your favourite recipes and dishes? 😉 What do your clients like the most about your menu?

The favorites of the restaurant are Plin (with LaTur cheese), Tajarin e Ragu, Vitello Tonnato, Carne Cruda, Coniglio, Fonduta, Castelmagno cheese, Finanziera.

Per la cronaca, nel menu sono previste anche specialità non esattamente facili, come la trippa e le lumache. Chapeau!

Quali sono le vostre ricette e i piatti preferiti? 😉 Quali sono i piatti più richiesti del vostro menu?

I preferiti sono i plin (con formaggio Latur), i tajarin al ragu, il vitello tonnato, la carne cruda, il coniglio, la fonduta, il Castelmagno, la finanziera.

Ma adesso lasciateci gustare una panna cotta e un bel bicchierino di Bicerin al gianduiotto. Direttamente dagli Usa, è ovvio.

Thank you Aldo Zaninotto e Beth Ann Brozo!

Che fine hanno fatto i bitcoin?

bitcoin-torinoQuesto blog sta prendendo una piega strana. Scopro una Torino giovane con tanta voglia di futuro e una altrettanto giovane che dell’innovazione ha già fatto un presente vivo e attivo. Per esempio, dopo essere esplosi nel Mondo come fenomeno finanziario e legale (ma anche culturale), i bitcoin – la digital currency o moneta digitale – si possono conoscere, comprare e vendere anche nella nostra città.

Come si fa?
Si impostano qui parametri come città, vendita/acquisto, cifra e metodo di pagamento e si clicca su Find offers: a quel punto compariranno diversi risultati che sarà possibile consultare. Esiste una seconda piattaforma che mi segnalano come buona: Bitstamp.

Chi ne parla?
Quotidiani e blog, ma anche associazioni e appassionati di tecnologia. Su La Stampa già lo scorso anno si parlava del primo bancomat dedicato ai bitcoin, disponibile a Roma.
A Torino, nel frattempo, OpenLab di Associazione Prometeo ha promosso un talk in tema, mentre si è cercato di approfondirne i diversi aspetti – oltre a quelli tecnici e tecnologici – con workshop. Nell’Aprile dello scorso anno, c’è stato addirittura un barcamp dedicato ai bitcoin: ecco l’evento Facebook.

Cosa succederà nel 2015?
Dopo un 2014 disastroso, sia dal punto di vista finanziario che giudiziario, nel 2015 gli esperti si chiedono se e come questo strumento giungerà al consolidamento oppure all’estinzione. Se ne è discusso alla Social Media Week e ne scrivono molto bene (è uno dei miei quotidiani preferiti in assoluto quindi sono di parte;)) sul Guardian.

Il Museo Egizio in prima serata Rai – Com’è andata?

museo-egizio-torinoRiccardo Muti, Giovanni Soldini, Umberto Veronesi, Evelina Christillin: questa volta Rai1 e il Museo Egizio di Torino hanno scomodato personalità d’eccellenza per anticipare, incuriosire e raccontare un museo di Torino conosciuto – sì – ma recentemente rinnovato e ancora capace di sorprendere. Ieri sera Torino si è messa il vestito lungo ed è andata in onda su Rai1 – in prima serata – con la trasmissione “Stanotte al Museo Egizio”, condotta da Alberto Angela.

Una visita in notturna – modalità proposta spesso negli ultimi anni dai musei di tutto il Mondo – che ha messo in luce fascino e mistero dei reperti.
Per l’occasione su Facebook è stata creata una fanpage ad hoc, sulla quale abbiamo iniziato a scoprire curiosità legate all’Antico Egitto e opinioni illustri. Hashtag ufficiale #StanottealMuseoEgizio.

Il programma ha scatenato il passaparola fra i torinesi orgogliosi del loro gioiellino 😉 Per curiosità sono andata a tracciarmi l’andamento dell’hashtag ufficiale dell’evento: ho trovato una risposta consistente e un sentiment positivo, anche sulla figura di Alberto Angela – definito unico caso di nepotismo meritocratico e come sempre oratore impeccabile.

Se ti sei perso la diretta, ecco il link al portale Rai per rivedere la trasmissione.

Torino a passo di tango

tango a TorinoC’è un aforisma che amo moltissimo: “Il tango è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale”. Queste poche parole, così passionali e vere, mi sono tornate in mente proprio poco tempo fa, imbattendomi in un interessante fenomeno.

Certo, l’amore dei sabaudi per il tango è pur sempre declinato in versione locale, e le note della fisarmonica non sembrano scorrere a fiume per le strade come potrebbe più verosimilmente succedere in Argentina, eppure qualcosa è scoccato.

Nei circoli come l’Aldobaraldo si tengono “tangoaperitivi” e si possono ascoltare musicisti sudamericani live. Oppure si taglia la testa al toro e ci si iscrive in un posto chiamato addirittura Ateneo del Tango. O ancora si partecipa a gruppi Facebook come questo qui o questo qua.

A prima vista non sembra una moda passeggera né lo specchio del noioso stereotipo “il tango è roba da single di mezza età”.
Voi che ne dite?

Novità Instagram: ho scoperto per voi

Se per voi il social-network-coi-filtri-per-le-foto è un fedele amico, che siate in giro per la città o in viaggio intorno al Mondo, allora date un’occhiata ai 4 profili interessanti che ho scoperto.

Small Business Revolution Si dice che le immagini esprimano più di mille parole. Qui, le fotografie raccontano storie di piccole imprese, negli Stati Uniti.

What I Be Project Volti e corpi umani usati per esprimere, in modo nuovo, sentimenti profondi difficili da raccontare ad alta voce.

Lady Gaga Davvero matta come una ciabatta. Per questo, nella prossima vita vorrei rinascere in lei 😀 Nel (bel) libro di Caitlin Moran Ci vogliono le palle per essere una donna c’è una definizione che ho amato: Lady Gaga dal canto suo è una ragazza della classe media che ha conquistato la celebrità dopo aver composto tre delle migliori canzoni pop del XXI secolo (Poker Face, Just Dance e Bad Romance) e con così tanto da dire che ha perfino dovuto ingaggiare un collettivo artistico-multimediale (la Haus of Gaga) che la aiutasse a esprimersi al meglio. Lady Gaga sostiene l’uguaglianza dei gay, la parità dei sessi, l’attivismo politico, la tolleranza e il diritto a essere ubriachi mentre ci si lancia in grandiose figure di danza. Senza dimenticare il diritto a mettersi un’aragosta in testa. Lady Gaga è salita agli onori della cronaca mondiale all’età di soli 24 anni indossando un abito fatto di carne cruda e protestando contro l’omofobia nell’esercito americano. A 24 anni Madonna sfornava ancora ciambelle in un Dunkin’ Donuts di Brooklyn.

Collectif Clothing Stile vintage made in London, e modelli femminili non necessariamente settati sullo standard anoressico. #win

Review libri: Il Picco degli Angeli – Le leggende di Warage

picco-angeli-warage-torinoNoi a Torino a volte amiamo esagerare. Per esempio, scriviamo romanzi a 34 mani.
È il caso de Il Picco degli Angeli, edito dalla torinese District Games e scritto (sempre a Torino) da Massimo Borio, Mattia Bozzola, Davide Brida, Luca Calderan, Diana Cammarano, Stefano Cavanna, Tommaso Dattoma, Vanessa Facchi, Francesca Fantini, Enrico Frizza, Angelica Gigli, Emanuele Pampalone, Giacomo Petrosso, Loredana Rebuffoni, Elena Remogna, Stefano Sala e Daniele Solfrini.
Sì, avete capito bene, si tratta di una coreografia di voci e stili differenti, riuniti dal lavoro editoriale di Grasso e Solfrini. Se vogliamo si può considerare un esperimento sociale e letterario insieme: ciascuno degli autori ha potuto portare la propria esperienza ad arricchimento nel libro.

Un’idea originale, trenta racconti, tante mani e tante menti che si fondono per raccontare storie poco umane dell’”umano” Joren. Una lunga corsa per salvare la sorella, senza riuscirci, dopo che il destino gli ha tolto tutto. Una vicenda che si insinua tra battaglie di una crudezza senza scampo, tra orchi, tritoni e zombies, nani ed elfi. Joren trova pochi alleati, tutti con secondi fini, ma che lo aiutano nei tempi difficili, usando i propri poteri di astuzia o di magia. Un mondo senza pietà votato, nel modo più crudo possibile, alla distruzione e al potere, tra realtà ed effetti speciali. Il finale è a sorpresa, soprattutto per chi è novizio del fantasy, dove tra angeli seri e svolazzanti viene alla ribalta qualcuno che tanto “angelo” non è. Il male sembra trionfare ma… il seguito alla prossima puntata, anzi ai prossimi libri della saga.

Il libro è disponibile su Amazon qui al costo di 2,25 €.
District Games si occupa anche di giochi da tavolo: per saperne di più la fanpage Facebook è questa qui.

La civetta di Torino: oltre la solita visita turistica

civetta-torino-cimiteri

Comincia tutto con questo post che ho trovato su Facebook. Leggi La Civetta di Torino e pensi che potrebbe essere un negozio o un bar e invece no. Invece si tratta di un blog che racconta curiosità funerarie di Torino. Così sono andata a chiedere tutti i dettagli a Manuela, 33 anni, guida turistica che ha creato questo spazio partendo da un’idea inconsueta e rispondendo talvolta a battute perplesse come quelle dell’immagine di cui sopra. Avvertenze di sicurezza per i lettori: non state per leggere né di messe nere, né di strani riti, né di temi dark o gotici.

Manuela, insomma questo tuo approfondire di cimiteri e curiosità funerarie inquieta l’utente medio: perché hai deciso di aprire una pagina su un tema così particolare? (No non è vero. Non l’ho chiesta così, sappiatelo. Da Olsen sono arrivate torta e cioccolata calda e a me è venuto in mente solo “ehm… senti ma… perché??” Manuela ha sorriso e ha cominciato a spiegare. Ecco com’è andata davvero, al di là dei giri di parole che comunque non mi sono mai piaciuti. Ecco.)

Quando ero piccola ogni settimana andavo al cimitero con mia nonna. Lei non l’ha mai dipinto ai miei occhi come un luogo triste o tetro, ma piuttosto come un modo per tornare a salutare il nonno, un luogo dove ricordo e storie di persone si mescolano. Perciò per me – ma mi rendo conto è una cosa personale – visitare un cimitero non è tanto triste quanto occasione di scoperta storica e artistica. Ho scritto una tesi sul tema e dopo la laurea ho iniziato a lavorare come guida nella cripta delle tombe dei Savoia. Un paio di anni fa ho deciso di aprire una fanpage Facebook nella quale avrei raccontato storie custodite nel Cimitero Monumentale, il blog è arrivato solo in un secondo momento. Per non creare conflitti di interesse con gli enti pubblici che gestiscono il Cimitero e per scoraggiare il pensiero “ok questa tizia scrive di morte e dolore” ho deciso di chiamare il mio blog La Civetta di Torino.

Cosa si intende per curiosità funerarie?

Si tratta di un termine che ho scoperto a Parigi, dove da anni i cimiteri sono sia luoghi sacri sia musei a cielo aperto, ricchi di storia e cultura (Père-Lachaise è visitata ogni anno da turisti che vogliono vedere le tombe di Edith Piaf o Jim Morrison ndr). La mia attività per il blog consiste nel ricercare le storie di chi è sepolto in questo spazio. Ho scoperto persone incredibili, vite uniche che hanno reso Torino la città bellissima che è. Per esempio, un caffettiere torinese si è fatto realizzare un busto con bassorilievi che rappresentano gli strumenti del suo lavoro. Veniva dalla Francia e si chiamava Giuseppe Gentile. Partendo dal basso è arrivato ad acquistare una sua caffetteria. Non amo parlare della morte – benché sia inevitabile associarla ad un luogo come un cimitero – preferisco riscoprire storie passate e andare al di là degli stereotipi.

Come si coniuga la tua attività di guida turistica con il blog? Quale tipologia di lettore ti segue?

Il mio lavoro consiste nel portare i turisti a conoscere Torino. A questi itinerari, grazie al mio blog, oggi posso aggiungere passeggiate cimiteriali gratuite per piccoli gruppi. Porto persone che già conoscono la Storia legata alla città e che sono interessate a scoprire le “spigolature” di Torino. Pensavo che avrei incontrato strani maniaci e/o satanisti – non c’è niente di più lontano dalle intenzioni del mio blog, sia chiaro – invece ho conosciuto persone genuine che sono anche lettori affezionati. Creo percorsi a tema (ad esempio donne, moda, cultura) per chi desidera andare oltre ciò che sta scritto nelle solite guide turistiche.

Tutte le foto degli MTV Digital Days 2014 alla Reggia di Venaria

Messi ufficialmente in archivio anche quest’anno gli MTV Digital Days, una due giorni di musica e nuovi media nella cornice superba della Reggia di Venaria, vicino a Torino.

Post dedicato all’edizione 2013 dell’evento QUI.

E adesso voilà qualche foto scovata per voi su Facebook e Instagram! 😉

Torino è spotted

torino spottedSpettegolare è social e le dichiarazioni d’amore non passano mai di moda, specie se romantiche e provenienti da mittenti misteriosi. Chi di noi ha dimenticato l’arrivare al liceo la mattina e controllare su Leggo le dediche inviate da potenziali flirt alle compagne di classe? 🙂
Però adesso c’è una novità: con Facebook il messaggino è diventato post e per dichiararsi c’è lo spotting.
Le fanpage spotted – dall’inglese adocchiato, individuato – consistono in spazi liberi dove studenti e giovani in genere possono dichiarare in forma anonima apprezzamenti nei confronti di altri coetanei. Il risultato è una collezione di post goliardici, divertenti e/o romantici.

Anche voi l’avrete notato: a Torino c’è stata prima la versione PoliTO, poi quella dedicato al Quadrilatero Romano e da lì tutto un frusciare di incontri furtivi e richieste di contatto stile Giovedì scorso, aula studio al Valentino. Ragazzo castano con barba affascinante e occhietto ammiccante: grazie per avermi regalato la tua biro, ricambierei il favore offrendoti un caffè!.

Se siete curiosi, su Torino trovate anche la fanpage Spotted GTT, quella dell’Università di Torino, oppure Spotted Cacao o Spotted Metro Torino.

Conoscete altre pagine Facebook di questo tipo su Torino? Scrivete scrivete, così vado a dare un’occhiata anch’io 😉

Radio RAT, web radio nella “Torino a due tempi”

Lunedì scorso, durante una serata uggiosa proprio come questa, ho fatto aperitivo con i ragazzi di Radio RAT, una web radio che volevo conoscere meglio.
Cosa significa RAT? E da dove nasce l’idea? Queste e altre risposte nell’intervista, scivolata con piacere tra uno spritz, del buon cibo e anche musica occitana live.

Ragazzi prima di tutto avete voglia di presentarvi?

Certo! Siamo Fabrizio, Valentina, Karen, Liù, Alfonso e Beppe, colui che agli albori ha avuto l’idea, 10 anni fa.

Di mestiere c’è chi fa contabilità, chi paghe e contributi, chi comunicazione.

A proposito di idea: come nasce la vostra web radio?

Fabrizio: La radio nasce 9/10 anni fa, ma da 3 trasmettiamo a tutti gli effetti con 5 programmi divisi su 4 giorni a settimana. Comincia Alfradio torino web socialmediaonso con lo sport: Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Martedì ci sono io con Valentina e si chiacchiera di food (la trasmissione si chiama A pancia piena). Mercoledì abbiamo Due donne e un mistero, condotto da Valentina e Karen e ricco di misteri e leggende su Torino e Piemonte. Giovedì invece parliamo di notizie strane e curiose in Non ci posso credere. Beppe, che ha molti impegni lavorativi, trasmette in modo indipendente con lo storico A tu per voi. In genere come si può notare il tono è goliardico e divertente.

Agli inizi come vi siete mossi a livello pratico? Con spazi e scalette oppure sperimentando?

Valentina: Non avendo uno spazio tutto nostro da dedicare a questo progetto trasmettevamo da casa di Beppe in modo molto fai-da-te. Abbiamo iniziato proponendo musica libera da SIAE, avevamo una scaletta libera per cui si sfioravano quasi sempre le 2/3 ore di chiacchiere. La trasmissione si chiamava Io la domenica vado a messa.

Come sta andando la radio oggi? Ma soprattutto una domanda che mi ha torturata nottetempo… COSA SIGNIFICA RAT? (vorrete mica dirmi che il senso è proprio ratto in dialetto piemontese vero?? ndr)

Fabrizio: RAT sta per Radio Amucciuni Torino e nasce durante una serata fra amici, quando un coinquilino siciliano ci insegnò questo termine che in dialetto significa “di nascosto”. Ci è piaciuto e l’abbiamo adottato. Da novembre 2013 siamo in crescendo: usiamo Spreaker, strumento che ci permette di andare in onda collegandoci ognuno da casa propria, e abbiamo raggiunto i 50/60 ascolti medi, soprattutto in replica, la notte e in pausa pranzo. Con la web radio le dinamiche tradizionali, quelle da ascolto in auto per intenderci, cambiano: se ti ascoltano è perché ti scelgono.

Progetti futuri?

Fabrizio: Vogliamo entrare sempre più in contatto con band della scena emergente, quella è la vocazione musicale della nostra radio. Essere web è molto bello ma ha ovvi limiti: cerchiamo di andare oltre il virtuale e farci conoscere partecipando a concerti e manifestazioni culturali. Nel 2015 abbiamo in mente eventi in collaborazione con alcuni locali torinesi e ci saranno anche presentazioni di libri.

Già, metterci la faccia. Mi piace: è un po’ quello che faccio anch’io col mio blog. Ma si riesce, con la radio, a farsi ascoltare da Torino?

Fabrizio: Beh è una città che mi piace definire come “a due tempi”, uno nel quale si sperimenta e si innova e l’altro parruccone fermo a quarant’anni fa. Ti cito un esempio: c’è questo gruppo, si chiama Fanali Di Scorta. Suonano insieme a grossi nomi della musica italiana da dieci anni eppure sono quasi sconosciuti al grande pubblico.

E niente, adesso vado a scoprire di che gruppo si tratta, voi intanto tenete d’occhio Radio RAT Torino 😉