Femminismo a Torino – Giulia di Barolo

Nel cuore della Storia e della cultura italiane risiedono figure affascinanti, le cui vite sono intrecciate con le vicissitudini della nobiltà e dell’arte. Tra queste, spicca la figura della Marchesa Giulia di Barolo, un illustre esempio di eleganza, carità e impegno sociale nel Piemonte dell’Ottocento.

Nata il 27 Giugno 1785, Juliette Colbert di Maulévrier proveniva da una famiglia aristocratica di antica nobiltà. Fin dalla giovane età, dimostrò un profondo interesse per la cultura, l’arte e la filantropia, tratti che avrebbero caratterizzato l’intero corso della sua vita. Colbert sposò il Marchese Tancredi Falletti di Barolo nel 1806: la coppia, molto affiatata per i costumi dell’epoca, non solo consolidò il proprio patrimonio familiare ma si distinse anche per l’impegno verso il bene comune.

Uno dei contributi più duraturi della Marchesa Giulia di Barolo fu la sua dedizione alla promozione dell’istruzione e della cultura. Nel 1834, insieme al marito, fondò la Scuola Materna Tancredi e Giulia di Barolo, un’istituzione educativa innovativa per l’epoca, che offriva istruzione gratuita ai bambini poveri. Fu una fervente sostenitrice delle arti e della cultura piemontese, promuovendo artisti emergenti e sostenendo la conservazione del patrimonio culturale della regione. Il suo salotto letterario divenne un centro di incontro per intellettuali, artisti e politici dell’epoca, contribuendo così alla diffusione delle idee e all’avanzamento della cultura.

Ma forse ciò che più distingue Giulia di Barolo è il suo impegno per le opere di carità: fu una pioniera nel campo dell’assistenza sociale. L’evento decisivo che spinse la Marchesa ad avvicinarsi ai bisognosi risale al 1814, quando in via San Domenico vide passare la processione che portava la Comunione (Viatico) ad un ammalato e fu colpita dalle voci dei reclusi nei sotterranei delle carceri. Un piccolo episodio che ebbe per lei il valore di un segno da Dio (era profondamente religiosa) e la spinse ad intervenire chiedendo di entrare nella prigione. Le recluse non erano pericolose assassine ma prostitute e piccole criminali: Giulia chiese al Re di poterle visitare e di insegnare loro a leggere e scrivere, per studiare il catechismo e ritrovare la dignità. Grazie alla sua tenacia, Colbert ottenne dal Re l’incarico di Sovrintendente alle Carceri e fece trasferire nelle Torri Palatine, più salubri, le detenute.

  • Nel 1821 fondò, nel quartiere popolare torinese di Borgo Dora, una scuola per fanciulle povere.
  • Nel 1823 fondò, presso il quartiere Valdocco di Torino, l’Istituto del Rifugio, destinato alle ragazze madri.
  • Nel 1833, fece costruire accanto all’Istituto del Rifugio, il monastero delle Sorelle penitenti di Santa Maria Maddalena, che si era ampliato per accogliere anche le vittime della prostituzione minorile.
  • Nel 1847, fondò una scuola professionale presso il proprio palazzo per le ragazze di famiglia operaia; nel 1857 fondò anche una scuola di tessitura e ricamo.

Il suo lavoro caritatevole culminò nella fondazione dell’Ospedale di Santa Croce e Sant’Anna a Torino nel 1827, un istituto dedicato all’assistenza sanitaria dei poveri e degli indigenti. Questo ospedale, ancora in funzione, testimonia l’eredità duratura della sua dedizione.

In un’epoca in cui la nobiltà era spesso associata a un distacco dal mondo reale, la Marchesa Giulia di Barolo si distinse per il suo profondo coinvolgimento nelle questioni sociali e culturali del suo tempo, dimostrando che il vero femminismo – benché in quel momento storico fosse lungi dall’essere definito – risiede sempre nel mettere i propri privilegi al servizio delle donne che non li hanno.

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La civetta di Torino: oltre la solita visita turistica

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Comincia tutto con questo post che ho trovato su Facebook. Leggi La Civetta di Torino e pensi che potrebbe essere un negozio o un bar e invece no. Invece si tratta di un blog che racconta curiosità funerarie di Torino. Così sono andata a chiedere tutti i dettagli a Manuela, 33 anni, guida turistica che ha creato questo spazio partendo da un’idea inconsueta e rispondendo talvolta a battute perplesse come quelle dell’immagine di cui sopra. Avvertenze di sicurezza per i lettori: non state per leggere né di messe nere, né di strani riti, né di temi dark o gotici.

Manuela, insomma questo tuo approfondire di cimiteri e curiosità funerarie inquieta l’utente medio: perché hai deciso di aprire una pagina su un tema così particolare? (No non è vero. Non l’ho chiesta così, sappiatelo. Da Olsen sono arrivate torta e cioccolata calda e a me è venuto in mente solo “ehm… senti ma… perché??” Manuela ha sorriso e ha cominciato a spiegare. Ecco com’è andata davvero, al di là dei giri di parole che comunque non mi sono mai piaciuti. Ecco.)

Quando ero piccola ogni settimana andavo al cimitero con mia nonna. Lei non l’ha mai dipinto ai miei occhi come un luogo triste o tetro, ma piuttosto come un modo per tornare a salutare il nonno, un luogo dove ricordo e storie di persone si mescolano. Perciò per me – ma mi rendo conto è una cosa personale – visitare un cimitero non è tanto triste quanto occasione di scoperta storica e artistica. Ho scritto una tesi sul tema e dopo la laurea ho iniziato a lavorare come guida nella cripta delle tombe dei Savoia. Un paio di anni fa ho deciso di aprire una fanpage Facebook nella quale avrei raccontato storie custodite nel Cimitero Monumentale, il blog è arrivato solo in un secondo momento. Per non creare conflitti di interesse con gli enti pubblici che gestiscono il Cimitero e per scoraggiare il pensiero “ok questa tizia scrive di morte e dolore” ho deciso di chiamare il mio blog La Civetta di Torino.

Cosa si intende per curiosità funerarie?

Si tratta di un termine che ho scoperto a Parigi, dove da anni i cimiteri sono sia luoghi sacri sia musei a cielo aperto, ricchi di storia e cultura (Père-Lachaise è visitata ogni anno da turisti che vogliono vedere le tombe di Edith Piaf o Jim Morrison ndr). La mia attività per il blog consiste nel ricercare le storie di chi è sepolto in questo spazio. Ho scoperto persone incredibili, vite uniche che hanno reso Torino la città bellissima che è. Per esempio, un caffettiere torinese si è fatto realizzare un busto con bassorilievi che rappresentano gli strumenti del suo lavoro. Veniva dalla Francia e si chiamava Giuseppe Gentile. Partendo dal basso è arrivato ad acquistare una sua caffetteria. Non amo parlare della morte – benché sia inevitabile associarla ad un luogo come un cimitero – preferisco riscoprire storie passate e andare al di là degli stereotipi.

Come si coniuga la tua attività di guida turistica con il blog? Quale tipologia di lettore ti segue?

Il mio lavoro consiste nel portare i turisti a conoscere Torino. A questi itinerari, grazie al mio blog, oggi posso aggiungere passeggiate cimiteriali gratuite per piccoli gruppi. Porto persone che già conoscono la Storia legata alla città e che sono interessate a scoprire le “spigolature” di Torino. Pensavo che avrei incontrato strani maniaci e/o satanisti – non c’è niente di più lontano dalle intenzioni del mio blog, sia chiaro – invece ho conosciuto persone genuine che sono anche lettori affezionati. Creo percorsi a tema (ad esempio donne, moda, cultura) per chi desidera andare oltre ciò che sta scritto nelle solite guide turistiche.